Regionalismo differenziato: troppa distrazione

Il regionalismo differenziato continua il suo cammino in Parlamento nella distrazione più totale dell’opinione pubblica, eppure potrebbe cambiare il volto del nostro Stato. Se ne è parlato sabato mattina in Fondazione Ambrosianeum con due docenti dell’Università Cattolica e il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana.

La professoressa Floriana Cerniglia ha espresso molti dubbi riguardo l’utilità di quello che potrebbe diventare un vero spezzatino di politiche pubbliche che metterebbe a rischio la già fragile capacità di innovazione e sviluppo dell’Italia. Le ha fatto eco il professor Massimo Bordignon che, se da un lato non si è detto preoccupato dalla dimensione economica che difficilmente andrà a configurarsi come una “secessione dei ricchi”, dall’altro ha sottolineato il rischio che l’eccessiva differenziazione delle competenze crei confusione per cittadini e imprese. La frantumazione delle politiche, poi, più che favorire potrebbe mettere a rischio l’efficienza di alcune politiche e questo sarebbe davvero un problema per tutti.
Il disegno di legge Calderoli, ormai al termine del cammino in commissione al Senato, potrebbe essere approvato in tempi brevi, e mette totalmente in capo a una trattativa tra i governi regionali e quello statale la possibilità di delegare alle diverse regioni 23 materie che corrispondono ad oltre 500 funzioni.
C’è poi la questione dei cosiddetti LEP, i livelli essenziali delle prestazioni, che dovrebbero essere assicurati in modo uniforme in tutta Italia, ma con quali risorse? Le attuali grandi differenze nella qualità dell’erogazione dei servizi nei diversi territori avrebbe bisogno di maggiori risorse per poter essere sanata, ma quella del regionalismo differenziato è una riforma che dovrebbe avvenire senza che lo Stato spenda un euro in più. Difficile capire come questo possa avvenire e permane anche un dubbio: una volta definiti i LEP (e la commissione che aveva il compito di farlo ha praticamente concluso il suo lavoro individuandone 223) non è che lo Stato si senta deresponsabilizzato riguardo a quelli che saranno messi sotto la responsabilità delle regioni? E in questo caso, chi ne garantirà l’effettiva erogazione?
Più domande che certezze, dunque, e molti dubbi sull’effettiva efficacia della nuova prospettiva istituzionale.
E’ parso, al contrario, molto fiducioso e convinto della necessità del regionalismo differenziato il presidente Fontana che ha esplicitato come l’obiettivo si solo quello di offrire ai cittadini istituzioni più efficienti. Fontana ha detto che si tratta solo di applicare la Costituzione e che la questione della diminuzione del residuo fiscale, ovvero l’obiettivo di trattenere in Lombardia i soldi dei lombardi, è assolutamente secondaria rispetto all’efficientamento delle politiche pubbliche che potrebbe derivare da una maggiore responsabilità in capo alle regioni. Una novità rispetto a quanto sempre sostenuto dalla Lega, anche perché Fontana ha sottolineato la necessità di mantenere e, se necessario, anche aumentare la perequazione tra le regioni. Il presidente lombardo ha anche affermato di non essere intenzionato a chiedere la cessione di tutte le 23 materie possibili, a cominciare dall’istruzione, ma di preferire poche materie e relative funzioni che possano davvero consentire alla Lombardia di lavorare con maggiore efficienza, citando come esempio le bonifiche.
Il regionalismo differenziato pare dunque marciare a tappe forzate, ma i dubbi su un possibile squilibrio tra regioni e su un’eccessiva frammentazione di politiche che difficilmente potrebbero essere gestite da singole regioni, da quelle energetiche a quelle infrastrutturali, rimangono molto forti.
Non è stato possibile assistere al confronto tra il presidente Fontana e il vicepresidente del Consiglio regionale, Emilio Del Bono, per un imprevisto che ha tenuto lontano quest’ultimo dall’incontro, la sensazione che rimane al termine della mattinata è, però, che si stia discutendo troppo poco di una riforma che potrebbe intaccare in modo pesante l’organizzazione e gli equilibri delle nostre istituzioni.

Fabio Pizzul

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